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Summary <p>Dagli Usa all&#8217;Europa. L&#8217;allarme sull&#8217;influenza aviaria da virus A/H5N1, rilevata in quattro Stati a cui si è aggiunto oggi l&#8217;Idaho, è arrivato nel Vecchio Continente. Il virus che colpisce e uccide gli uccelli selvatici e di allevamento circola da tre anni e che avesse già da tempo cominciato a infettare mammiferi era noto e temuto. [&#8230;]</p> <p>L'articolo <a rel="nofollow" href="https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/04/03/aviaria-dopo-gli-usa-anche-leuropa-in-allerta-lecdc-se-si-diffonde-negli-esseri-umani-rischio-trasmissione-in-larga-scala/7500479/">Aviaria, dopo gli Usa anche l&#8217;Europa in allerta. L&#8217;Ecdc: &#8220;Se si diffonde negli esseri umani rischio trasmissione in larga scala&#8221;</a> proviene da <a rel="nofollow" href="https://www.ilfattoquotidiano.it">Il Fatto Quotidiano</a>.</p>

Content <p>Dagli Usa all&#8217;Europa. L&#8217;allarme sull&#8217;i<a href="https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/04/02/influenza-aviaria-riscontrata-nei-mammiferi-in-quattro-stati-usa-infettata-anche-una-persona/7498809/">nfluenza aviaria da virus A/H5N1, rilevata in quattro Stati</a> a cui si è aggiunto oggi l&#8217;Idaho, è arrivato nel Vecchio Continente. Il virus che colpisce e uccide gli uccelli selvatici e di allevamento circola da tre anni e <a href="https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/02/09/influenza-aviaria-linfettivologo-e-passata-ai-mammiferi-che-ora-se-la-trasmettono-tra-loro-necessario-preparare-piani-di-sorveglianza/6990104/">che avesse già da tempo cominciato a infettare mammiferi era noto e temuto.</a> I Centers for Disease Control and Prevention (Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie) hanno rassicurato che il rischio per la popolazione è ritenuto sempre basso e sul fatto che il latte, prodotto dai bovini, in una dozzina di allevamenti<strong> Texas, Kansas, Michigan, New Mexico, Idaho</strong>, fosse fuori dal mercato. C&#8217;è stato anche un altro caso rilevato in <strong>Minnesota</strong>, ma la positività è stata riscontrata in una capretta che viveva in un allevamento dove era stato riscontrato un focolaio nel pollame. Il primo aprile, poi, i Centers for Disease Control and Prevention hanno diffuso la notizia che anche un uomo ha contratto l&#8217;infezione; le sue condizioni sono buone. Ad oggi si ritiene che sia gli animali sia l’uomo abbiano contratto l’infezione attraverso il contatto con uccelli infetti.</p> <p>Rischio basso, dunque. Ma in un rapporto pubblicato mercoledì, l’<strong>European Centre for Disease Prevention and Control</strong> (Ecdc) e la<strong> European Food Safety Authority</strong> (Efsa), si avverte che &#8220;se i virus dell’influenza aviaria A/H5N1 acquisissero la capacità di diffondersi tra gli esseri umani, potrebbe verificarsi una trasmissione su larga scala&#8221;. Una riflessione che i virologi e i microbiologi fanno da tempo. Fino a oggi, le infezioni nell’uomo sono poche (<strong>circa 900 dal 2003</strong>) e del tutto occasionali. Non ci sono prove di trasmissione tra mammiferi, né da uomo a uomo. <a href="https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/03/02/influenza-aviaria-h5n1-segnalati-alloms-due-infezioni-nella-stessa-famiglia-11enne-morta-e-padre-contagiato/7082878/">E anche il caso rilevato in Cambogia, padre e figlia contagiati con la bimba di 11 morta,</a> era stato poi ricondotto a un contagio non interumano ma sempre da animale.</p> <p>In piena pandemia Covid, nel 2020, è comparsa una nuova variante di virus A/H5N1 (denominata 2.3.4.4b) che in breve è diventata dominante. Da allora, sono aumentati il &#8220;numero di infezioni ed eventi di trasmissione tra diverse specie animali&#8221;, si legge nel rapporto. Questi continui passaggi tra animali e specie diverse <strong>aumentano le occasioni in cui il virus può mutare o acquisire porzioni di altri virus che lo rendano più adatto a infettare i mammiferi. </strong>In realtà A/H5N1 ha già compiuto dei passi in questa direzione. Ha imparato a moltiplicarsi in maniera più efficace nelle cellule di mammifero e a sviare alcune componenti della risposta immunitaria. Ciò gli ha già consentito negli ultimi anni di colpire un’ampia gamma di mammiferi selvatici e anche animali da compagnia, come i gatti.</p> <p>Anche i fattori ambientali giocano a suo favore: i cambiamenti climatici e la distruzione degli habitat, <a href="https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/05/24/quale-sara-la-prossima-culla-di-una-pandemia-il-pericolo-di-invadere-le-terre-dei-pipistrelli-e-il-rischio-di-spillover/7167612/">influenzando le abitudini degli animali e intensificando gli incontri tra specie diversa,</a> fanno crescere ulteriormente <strong>le probabilità che il virus vada incontro a modifiche</strong>. Nonostante ciò, al momento non ci sono dati che indichino che A/H5N1 abbia acquisito una maggiore capacità di infettare l&#8217;uomo. Tuttavia, se questa trasformazione avvenisse saremmo particolarmente vulnerabili. &#8220;Gli anticorpi neutralizzanti contro i virus A/H5 sono rari nella popolazione umana, poiché l&#8217;H5 non è mai circolato negli esseri umani&#8221;, precisano le agenzie. Per ridurre i rischi Ecdc ed Efsa invitano ad alzare la guardia, rafforzando le <strong>misure di biosicurezza negli allevamenti</strong>, limitando l’esposizione al virus dei mammiferi, compreso l’uomo, e intensificando la sorveglianza e la condivisione dei dati.</p> <p>&#8220;Certamente il virus&#8221; dell’influenza aviaria &#8220;H5N1 è preoccupante e va monitorato. Quello che preoccupa&#8221; per esempio nel caso segnalato negli Usa, in Texas, &#8220;è che si siano infettati bovini, quindi c&#8217;è stato un salto di specie rispetto al virus originario. Il caso umano è quello di un addetto all’allevamento. Come è successo in altri casi, dunque, <strong>non c&#8217;è traccia ancora di una trasmissione interumana</strong>. Certo serve monitorare, serve attenzione a questo virus perché può in qualche modo darci delle sorprese &#8211; spiega all’Adnkronos Salute il virologo Massimo Clementi, professore emerito dell’Università Vita-Salute dell’Università San Raffaele di Milano, direttore per anni del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’ateneo &#8211; C&#8217;è un controllo molto stretto da diverso tempo, memori forse di precedenti esperienze.<strong> Soprattutto la sanità veterinaria sta portando avanti veramente un’attività di controllo meritevole di elogio,</strong> perché tutto quello che c&#8217;è viene fuori. È ovviamente un’attività un po&#8217; favorita dal fatto che gli allevamenti si controllano meglio rispetto alla fauna selvatica, ma comunque certamente c&#8217;è un controllo molto buono. Ora occorre mantenere certamente la vigilanza e cercare di sviluppare con attenzione presidi da mettere in campo qualora servisse limitare i danni di una trasmissione interumana. Perché all’inizio anche una trasmissione da uomo a uomo avviene in piccole comunità, in piccoli ambiti e lì andrebbe bloccata. Si può se ci sono i presidi per farlo. È chiaro che questo è molto importante&#8221;.</p> <p>Quali sono i fattori che potrebbero esporci un maggior rischio di pandemia? &#8220;Ce ne sono diversi. Per esempio questo elemento del passaggio da specie a specie&#8221;, che si sta osservando sempre più frequentemente. Come è noto la specie di origine di questo virus è quella aviaria, o meglio sono diverse specie aviarie. Però adesso si stanno osservando<strong> piccoli focolai epidemici in animali diversi</strong>, sempre da allevamento. Questo presuppone un salto di specie, un adattamento del virus a queste nuove condizioni di crescita e presuppone anche una capacità di evolvere geneticamente nelle proteine esterne del virus, nei geni delle proteine esterne del virus che mostrano un’adattabilità notevole&#8221;. Quindi, conclude lo scienziato, &#8220;serve attenzione a questo virus che era già uno dei sospettati, direi forse più sospetto di altri come <strong>possibile agente di una futura pandemia da virus influenzal</strong>e. Non sarebbe la prima&#8221; pandemia di influenza &#8220;ed eventualmente non sarà l&#8217;ultima. Ce ne sono state altre e a volte si è trattato di allarmi andati un pò a vuoto. Tutti ricorderanno l’A/H1N1, il virus della cosiddetta &#8216;influenza suina&#8217;. Quel virus era dovuto a un mescolamento di vari virus influenzali, è diventato umano ma comunque non ha dato grande preoccupazione perché era un virus molto attenuato dal punto di vista della patogenicità. <strong>In ogni caso è possibile</strong>&#8221; un rischio pandemia.</p> <p>L'articolo <a rel="nofollow" href="https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/04/03/aviaria-dopo-gli-usa-anche-leuropa-in-allerta-lecdc-se-si-diffonde-negli-esseri-umani-rischio-trasmissione-in-larga-scala/7500479/">Aviaria, dopo gli Usa anche l&#8217;Europa in allerta. L&#8217;Ecdc: &#8220;Se si diffonde negli esseri umani rischio trasmissione in larga scala&#8221;</a> proviene da <a rel="nofollow" href="https://www.ilfattoquotidiano.it">Il Fatto Quotidiano</a>.</p>

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Il primo aprile, poi, i Centers for Disease Control and Prevention hanno diffuso la notizia che anche un uomo ha contratto l&#8217;infezione; le sue condizioni sono buone. Ad oggi si ritiene che sia gli animali sia l’uomo abbiano contratto l’infezione attraverso il contatto con uccelli infetti.</p> <p>Rischio basso, dunque. Ma in un rapporto pubblicato mercoledì, l’<strong>European Centre for Disease Prevention and Control</strong> (Ecdc) e la<strong> European Food Safety Authority</strong> (Efsa), si avverte che &#8220;se i virus dell’influenza aviaria A/H5N1 acquisissero la capacità di diffondersi tra gli esseri umani, potrebbe verificarsi una trasmissione su larga scala&#8221;. Una riflessione che i virologi e i microbiologi fanno da tempo. Fino a oggi, le infezioni nell’uomo sono poche (<strong>circa 900 dal 2003</strong>) e del tutto occasionali. Non ci sono prove di trasmissione tra mammiferi, né da uomo a uomo. <a href="https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/03/02/influenza-aviaria-h5n1-segnalati-alloms-due-infezioni-nella-stessa-famiglia-11enne-morta-e-padre-contagiato/7082878/">E anche il caso rilevato in Cambogia, padre e figlia contagiati con la bimba di 11 morta,</a> era stato poi ricondotto a un contagio non interumano ma sempre da animale.</p> <p>In piena pandemia Covid, nel 2020, è comparsa una nuova variante di virus A/H5N1 (denominata 2.3.4.4b) che in breve è diventata dominante. Da allora, sono aumentati il &#8220;numero di infezioni ed eventi di trasmissione tra diverse specie animali&#8221;, si legge nel rapporto. Questi continui passaggi tra animali e specie diverse <strong>aumentano le occasioni in cui il virus può mutare o acquisire porzioni di altri virus che lo rendano più adatto a infettare i mammiferi. </strong>In realtà A/H5N1 ha già compiuto dei passi in questa direzione. Ha imparato a moltiplicarsi in maniera più efficace nelle cellule di mammifero e a sviare alcune componenti della risposta immunitaria. Ciò gli ha già consentito negli ultimi anni di colpire un’ampia gamma di mammiferi selvatici e anche animali da compagnia, come i gatti.</p> <p>Anche i fattori ambientali giocano a suo favore: i cambiamenti climatici e la distruzione degli habitat, <a href="https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/05/24/quale-sara-la-prossima-culla-di-una-pandemia-il-pericolo-di-invadere-le-terre-dei-pipistrelli-e-il-rischio-di-spillover/7167612/">influenzando le abitudini degli animali e intensificando gli incontri tra specie diversa,</a> fanno crescere ulteriormente <strong>le probabilità che il virus vada incontro a modifiche</strong>. Nonostante ciò, al momento non ci sono dati che indichino che A/H5N1 abbia acquisito una maggiore capacità di infettare l&#8217;uomo. Tuttavia, se questa trasformazione avvenisse saremmo particolarmente vulnerabili. &#8220;Gli anticorpi neutralizzanti contro i virus A/H5 sono rari nella popolazione umana, poiché l&#8217;H5 non è mai circolato negli esseri umani&#8221;, precisano le agenzie. Per ridurre i rischi Ecdc ed Efsa invitano ad alzare la guardia, rafforzando le <strong>misure di biosicurezza negli allevamenti</strong>, limitando l’esposizione al virus dei mammiferi, compreso l’uomo, e intensificando la sorveglianza e la condivisione dei dati.</p> <p>&#8220;Certamente il virus&#8221; dell’influenza aviaria &#8220;H5N1 è preoccupante e va monitorato. Quello che preoccupa&#8221; per esempio nel caso segnalato negli Usa, in Texas, &#8220;è che si siano infettati bovini, quindi c&#8217;è stato un salto di specie rispetto al virus originario. Il caso umano è quello di un addetto all’allevamento. Come è successo in altri casi, dunque, <strong>non c&#8217;è traccia ancora di una trasmissione interumana</strong>. Certo serve monitorare, serve attenzione a questo virus perché può in qualche modo darci delle sorprese &#8211; spiega all’Adnkronos Salute il virologo Massimo Clementi, professore emerito dell’Università Vita-Salute dell’Università San Raffaele di Milano, direttore per anni del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’ateneo &#8211; C&#8217;è un controllo molto stretto da diverso tempo, memori forse di precedenti esperienze.<strong> Soprattutto la sanità veterinaria sta portando avanti veramente un’attività di controllo meritevole di elogio,</strong> perché tutto quello che c&#8217;è viene fuori. È ovviamente un’attività un po&#8217; favorita dal fatto che gli allevamenti si controllano meglio rispetto alla fauna selvatica, ma comunque certamente c&#8217;è un controllo molto buono. Ora occorre mantenere certamente la vigilanza e cercare di sviluppare con attenzione presidi da mettere in campo qualora servisse limitare i danni di una trasmissione interumana. Perché all’inizio anche una trasmissione da uomo a uomo avviene in piccole comunità, in piccoli ambiti e lì andrebbe bloccata. Si può se ci sono i presidi per farlo. È chiaro che questo è molto importante&#8221;.</p> <p>Quali sono i fattori che potrebbero esporci un maggior rischio di pandemia? &#8220;Ce ne sono diversi. Per esempio questo elemento del passaggio da specie a specie&#8221;, che si sta osservando sempre più frequentemente. Come è noto la specie di origine di questo virus è quella aviaria, o meglio sono diverse specie aviarie. Però adesso si stanno osservando<strong> piccoli focolai epidemici in animali diversi</strong>, sempre da allevamento. Questo presuppone un salto di specie, un adattamento del virus a queste nuove condizioni di crescita e presuppone anche una capacità di evolvere geneticamente nelle proteine esterne del virus, nei geni delle proteine esterne del virus che mostrano un’adattabilità notevole&#8221;. Quindi, conclude lo scienziato, &#8220;serve attenzione a questo virus che era già uno dei sospettati, direi forse più sospetto di altri come <strong>possibile agente di una futura pandemia da virus influenzal</strong>e. Non sarebbe la prima&#8221; pandemia di influenza &#8220;ed eventualmente non sarà l&#8217;ultima. Ce ne sono state altre e a volte si è trattato di allarmi andati un pò a vuoto. Tutti ricorderanno l’A/H1N1, il virus della cosiddetta &#8216;influenza suina&#8217;. Quel virus era dovuto a un mescolamento di vari virus influenzali, è diventato umano ma comunque non ha dato grande preoccupazione perché era un virus molto attenuato dal punto di vista della patogenicità. <strong>In ogni caso è possibile</strong>&#8221; un rischio pandemia.</p> <p>L'articolo <a rel="nofollow" href="https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/04/03/aviaria-dopo-gli-usa-anche-leuropa-in-allerta-lecdc-se-si-diffonde-negli-esseri-umani-rischio-trasmissione-in-larga-scala/7500479/">Aviaria, dopo gli Usa anche l&#8217;Europa in allerta. L&#8217;Ecdc: &#8220;Se si diffonde negli esseri umani rischio trasmissione in larga scala&#8221;</a> proviene da <a rel="nofollow" href="https://www.ilfattoquotidiano.it">Il Fatto Quotidiano</a>.</p> categories: - Mondo - Aviaria - Virus summary: | <p>Dagli Usa all&#8217;Europa. L&#8217;allarme sull&#8217;influenza aviaria da virus A/H5N1, rilevata in quattro Stati a cui si è aggiunto oggi l&#8217;Idaho, è arrivato nel Vecchio Continente. 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